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Nessun vero rilancio senza abbattere strutturalmente il "devide" nelle opportunita' educative

Nessun vero rilancio senza abbattere strutturalmente il “devide” nelle opportunità educative

 

di Aldo Fortunati

 

Non si è capito bene se siamo entrati nel tempo del “rischio calcolato”, del “bomba libera tutti” o semplicemente della scommessa sul fatto che il virus soffra il caldo e che per questo, almeno per i prossimi mesi, possa diminuire il rischio di diffusione … ne riparleremo con i dati a metà giugno, difficile dirlo prima di allora …

Al contempo, sebbene manchino ancora i dati sulla diffusione del virus al di sotto della punta dell’iceberg dei positivi al tampone, si ritiene lecito – anzi opportuno – differenziare il ripristino delle libertà di movimento e di relazione in conseguenza degli indicatori territoriali disponibili relativi al rischio di diffusione del contagio, anche se è del tutto evidente che tutto questo avrebbe senso se il mondo fosse fatto di compartimenti stagni e non da interconnessioni aperte, del tipo di quelle che hanno reso il virus pandemico e che, nel piccolo, stanno per ripristinare la possibilità di circolazione interregionale nel nostro paese. Vedremo anche questo nelle prossime settimane …

Certo rassicura, almeno un po’, il fatto che le terapie intensive siano sempre meno abitate e che, nel corso degli ultimi due mesi, il numero dei posti letto sia raddoppiato; nessuno spinge per prenotare un posto di terapia intensiva, ma rassicura il fatto che, se occorre, siano disponibili. Speriamo che restino pronti e disponibili – e liberi – anche nelle prossime settimane …

In tutto questo, sembra che la maggior parte della popolazione stia interpretando con responsabilità la raccomandazione della distanza e delle cautele nell’incontro sociale, sebbene sia evidente che – come è ovvio e prevedibile che sia – questo accade soprattutto nelle situazioni “più organizzabili”: si entra con la mascherina e i guanti in un supermercato o in una libreria, si indossa la mascherina sul posto di lavoro, si tiene la distanza in un ristorante, e i tavoli sono il principale elemento di garanzia.

Altro discorso sono le situazioni sociali “meno organizzabili”. Lo sono per loro natura quelle familiari e domestiche – non è un caso che siano stati il luogo in cui si sono determinati 1/4 dei contagi – e lo sono quelle in cui non è semplice evitare il contatto sociale; in attesa che si riaprano teatri e stadi e che si consentano nuovamente i concerti sulla spiaggia – e glissando sulle “movide”, che esemplificano come una minoranza di persone possa produrre danni a tutte le altre – il caso dei servizi educativi per l’infanzia – dei nidi – è emblematico di una situazione in cui il contatto sociale è non solo inevitabile, ma necessario.

Le riflessioni sulla riapertura dei nidi – pur con tutta l’evidenza della necessità di tener conto delle regole sanitarie necessarie – rischia seriamente di produrre una sanitarizzazione che è del tutto incompatibile con le caratteristiche di un contesto educativo che deve costituire la propria identità intorno all’integrazione fra cura e educazione, attraverso la condivisione di relazione e fare.

È un tema davvero cruciale e non semplice – certo non riducibile alla nozione di “legami educativi a distanza” che pure si stanno positivamente sperimentando in questa fase di chiusura – e che passerà dalla capacità di pensare molte e diverse cose. Proviamo a suggerirne tre:

  • reinterpretare l’organizzazione dello spazio per dilatarlo in una più strutturale integrazione fra spazi interni ed esterni;

  • rafforzare l’identità dei gruppi/sezione, garantendo al loro interno il diffuso ricorso alla dimensione del piccolo gruppo ed evitando il disordinato uso promiscuo delle opportunità;

  • mantenere forte la relazione con le famiglie, con particolare riguardo alla fase del primo ambientamento dei bambini nel nido.

Anche perché, se il “devide” di cui si parla di più in questo momento è quello che differenzia il grado di opportunità di accesso alle tecnologie digitali e a internet da parte di bambini e ragazzi (un terzo degli alunni delle nostre scuole non accede a internet e/o non ha un computer), c’è un altro “devide” che non può non preoccuparci assai.

Non possiamo certo dimenticare – infatti – il “devide” nelle opportunità di accesso a un nido da parte dei bambini, un divario nella distribuzione delle opportunità che tiene oggi fuori dal nido l’80% (i quattro quinti) dei bambini italiani; un problema che non solo segnala le persistenti difficoltà attuative della riforma dello 0-6 nella parte in cui prevede l’incremento della diffusione dei nidi, ma che produce come effetto certo il consolidamento di alcuni indicatori negativi che segnano in particolare le aree territoriali con bassa diffusione dei nidi, come quelli legati al basso tasso di occupazione femminile o al basso rendimento scolastico dei ragazzi o ad altri indicatori di disagio sociale per famiglie e bambini.

Coltivare le differenze e contrastare le disparità necessita di partire subito, e anche per questo spiace che poco si possa leggere in termini di provvedimenti strutturali sul tema della diffusione dei nidi nel recente “decreto rilancio”: vera emergenza sarebbe se – continuando a mancare provvedimenti strutturali orientati non solo a riaprire, ma anche a rafforzare fortemente l’offerta dei servizi educativi – ci ritrovassimo, superato il guado dell’emergenza sanitaria, con meno offerta, e di minor qualità.

Nel caso dei nidi, l’ “immunità di gregge” – come capacità di promuovere davvero le opportunità a partire dalla nascita e di rimuovere alla partenza le cause della riproduzione delle diseguaglianze – necessita di arrivare a una diffusione superiore al 50%. Accade già nelle realtà locali che hanno investito di più per questo, vorremmo che corrispondesse a un diritto esigibile per tutti i bambini e le famiglie italiane.

Proviamo a lavorarci insieme.








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