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IMPRESSIONI CAMMINANDO SUL CRINALE CHE SI APRE AL NUOVO ANNO

di Aldo Fortunati

 

Sebbene lo stato di emergenza sul quale si concentrano attenzioni e commenti sia quello dovuto all’emergenza sanitaria, la realtà forse maggiormente interessante riguarda la sostanziale abdicazione della politica di fronte alla stringente necessità di offrire un quadro di riferimento agli istituti della democrazia – a cominciare dal governo del paese – per il quale si è dovuto infine ricorrere – e meno male – al “deus ex machina” di antica memoria.

 

E così, lo scollamento fra il dibattito politico – perso in una permanente campagna elettorale – da una parte e l’azione di governo dall’altra misura l’effetto della condizione di sostanziale commissariamento della politica; sebbene qualcuno sospetti il rischio di una sospensione della democrazia, questo è quello che siamo stati capaci di produrre e – sia ripetuto – “meno male”.

 

I numeri, in tutto questo, si confermano ignorati quando si tratterebbe di utilizzarli per organizzare il futuro – si sa da mesi che sarebbe arrivata la nuova ondata – ma valgono pur sempre per descrivere lo stato delle cose e, da questo punto di vista, mentre tarda a palesarsi la maggioranza qualificata che dovrebbe consegnarci un nuovo presidente della repubblica di tutti, la vera maggioranza qualificata che ci sta salvando – ben oltre i 2/3 di quella parlamentare necessaria ad eleggere il presidente – è quella della popolazione vaccinata, ben disponibile a confermarsi tale anche alla prova del booster: come dire, quando la società civile sorpassa in qualità il funzionamento degli organismi rappresentativi della democrazia.

 

Così, se l’onda lunga della crisi epidemica che morde il nostro mondo da due anni a questa parte misura conseguenze ben prevedibili ma non per questo meno nefaste in termini di allargamento della forbice delle differenze e di ampliamento tendenziale degli indicatori sulla povertà e sulle violenze domestiche (tanto per cambiare a sfavore dei bambini e delle donne), avanza la generalizzata consapevolezza che vaccini e regole di comportamento sono i due ingredienti di cui può – e dovrebbe – beneficiare la migliore delle possibili forme di convivenza civile (un dato che segnala peraltro al suo interno come i più giovani degli adulti sommino il minor livello del rischio personale con la più alta percentuale di vaccinati).

 

In tutto questo, mentre non si sarà mai grati abbastanza al rigore operativo e al senso del dovere che sconfina nell’abnegazione degli operatori del nostro sistema sanitario nazionale, capace di adattarsi e riadattarsi alle perduranti condizioni emergenziali – non altrettanto si può dire del nostro sistema educativo e scolastico, e non certamente per difetti ascrivibili a chi lavora al suo interno quotidianamente, quanto piuttosto per il fatto che quasi nulla è stato fatto da due anni a questa parte per inserire nel sistema positivi cambiamenti strutturali, fino al punto che l’indicazione più adeguata di cui disponiamo è sostanzialmente quella di “areare i locali prima – e anche durante – l’uso”.

 

Come sempre accade quando la situazione si fa difficile, l’interventismo infermieristico fiorisce, insieme al generoso senso di pietà verso la disgrazia che tocca l’animo delle persone, con convinte prolusioni favorevoli a intensificare ogni intervento di supporto e assistenza psicologica a chiunque ne abbia bisogno, e anche prima che lo chieda, senza considerare che, quando sono fragili le strutture portanti di una società – e le istituzioni educative e scolastiche lo sono insieme a quelle deputate alla tutela della salute – ogni forma di assistenza e tutela non riuscirà a non essere in perenne rincorsa rispetto a quanto deve essere garantito come equilibrio fondamentale – e fondante – della convivenza sociale.

 

Dunque, se siamo contenti del “rimbalzo” dell’economia – a patto di non sopravvalutarne la capacità di farsi anche predittore di una non solo contingente prospettiva di sviluppo e crescita – dobbiamo forse investire meglio su un rimbalzo delle politiche sociali, a cominciare da quelle che riguardano l’educazione dei più piccoli e il famoso “0-6”, un contesto che merita di diventare non più semplice luogo dell’immaginazione ma piuttosto diffusa ecologia di riferimento delle nostre istituzioni educative.

 

Per questo – iniziando con gli auspici per il nuovo anno – occorre sorpassare finalmente le molte contraddizioni e i molti lapsus in cui naviga ancora lo 0-6 a cinque anni dall’esordio della riforma. Per esempio, quello di non aver ancora risolto il tema di una libera circolazione di educatori e docenti almeno nei poli 0-6; o, ancora, quello di registrare la stabilità degli “anticipi” in un contesto nel quale molte scuole dell’infanzia chiudono e i nidi arretrano nella loro offerta complessiva, mentre le famiglie continuano a dover pagare una tariffa per frequentare un servizio definito come risposta a un diritto; o, infine, constatando che la regia unitaria del Ministero dell’Istruzione – a proposito dei lapsus – non è riuscita ancora nemmeno a capire che i nidi aprono prima delle scuole dell’infanzia (e chiudono dopo) e ha atteso il 10 settembre per dare indicazioni sulla riapertura dello 0-6.

 

In una situazione nella quale, per la prima volta, non mancano i soldi – visti gli stanziamenti del PNRR per i nidi – sarebbe veramente amaro constatare che quel che continua a mancare è una capacità di governance del sistema. Le prove di dialogo di cui lo 0-6 ha aperto le prospettive hanno bisogno di uno scatto avanti – anche oltre la semplice applicazione delle norme attualmente vigenti (D.Lgs 65/17) – perché solo una vera e concreta spinta all’integrazione del sistema potrà salvarne le radici e svilupparne le potenzialità. I bambini e le loro famiglie lo chiedono da tempo, noi ci auguriamo che il 2022 possa essere il tempo in cui passare dalle parole ai fatti.

 

Auguri di buon anno !!!








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